I tre stadi della trasformazione secondo Nietzsche

– E noi a che punto siamo? –

Un cammino interiore, un percorso di crescita è un percorso di liberazione.

Crescere, maturare, evolvere, ha a che fare con l’affermazione della nostra libertà e lavorare su di noi vuol dire rimuovere gli ostacoli per il raggiungimento di questa libertà.

Per comprendere cosa ciò significhi vorrei condividere ciò che Nietzsche dice in Così parlò Zarathustra perché fa una bella descrizione di quali sono i passaggi che dobbiamo compiere in questo processo di maturazione.

Il filosofo parla di tre stadi della trasformazione della personalità. Possiamo anche pensarle come fasi di trasformazione spirituale o stadi dell’evoluzione della nostra coscienza, in ogni caso, anche se in maniera generale, aiutano a comprendere cosa vuol dire compiere un lavoro su di sé in psicoterapia (tenendo presente che la psicoterapia non è l’unico spazio dove questa trasformazione può avere luogo).

Questi sono:

1LO STADIO DEL CAMMELLO

Inizialmente siamo nello stadio del condizionamento infantile, o del “sì” incondizionato. Qui accogliamo tutto quello che ci viene trasmesso dall’ambiente familiare e culturale, sia gli insegnamenti, la saggezza dei genitori, delle persone che frequentiamo, sia i pregiudizi, i modi di pensare, le norme morali, sulle quali strutturiamo la nostra personalità. Lo facciamo senza consapevolezza, senza una reale scelta. È la fase del “Tu devi”, a cui ci sottomettiamo, in una forma passiva.

2 – LO STADIO DEL LEONE

È lo stadio in cui ci ribelliamo a ciò che ci è stato propinato, diciamo un “no” al vecchio. Facciamo un passo in avanti verso il nuovo, separandoci e liberandoci dai valori trasmessi. È la fase del “Io voglio”, chiamata del leone perché richiede coraggio spezzare il già costituito, tagliare il cordone ombelicale, perché il passato, la tradizione ci danno comunque sicurezza e senso di appartenenza; ci vuole coraggio per sfidare la disapprovazione e il giudizio di chi ci sta intorno (gli altri cammelli).

È una fase ancora incompleta questa, non ancora matura perché mentre diciamo di “no” al vecchio non abbiamo ancora trovato il nuovo. Siamo in ricerca.

3 LO STADIO DEL BAMBINO-FILOSOFO

Occorre ancora un terzo passaggio. È la fase del ritorno alla fanciullezza, come nascita in noi del “filosofo-artista”, che ormai liberato da pregiudizi e preoccupazioni, si occupa di creare il nuovo, di dire “sì” a nuove regole del gioco più consone. È colui che ha raggiunto la maturità. In lui si incarnano innocenza e determinazione, si pone al di là del bene e del male, del sì e del no, non è addomesticato da nessuna morale imposta. Non c’è più l’accondiscendenza del cammello ma neanche la ribellione, la lotta del leone. È il ritorno all’accettazione, alla fiducia del bambino, ma che qui si accompagnano alla saggezza, perché c’è un sì, di nuovo, ma questa volta consapevole e rivolto a qualcosa che ci appartiene. È lo stadio evoluto della coscienza, l’ideale da raggiungere nel nostro percorso di vita, per realizzarci come esseri umani.

Ovviamente raggiungere questo ideale non è facile. L’uomo, citando uno psicoanalista di cui molto spesso condivido il pensiero (M. Recalcati), tende verso la “dimensione delle catene”, della schiavitù. L’esperienza della libertà infatti è perturbante, fa paura: è la sensazione dello stare in mare aperto, lo sperimentare il non-conosciuto, l’ignoto. Quando i confini intorno a noi si dilatano, si perdono i punti di riferimento consueti, ci tocca trovare questo punto fermo dentro di noi. Quando prendiamo le distanze, il largo (ed è come se fuori perdessimo tutto), non ci resta che dare spazio al nostro timoniere interno, alle risorse che abbiamo dentro di noi. È l’assunzione di responsabilità sulla nostra vita, è quel momento in cui diventiamo artefici di noi stessi. Cosa da cui scappiamo sempre, perché prenderci la responsabilità delle nostra vita ci angoscia.

In psicologia si parla di processo di Separazione-Individuazione: se non ci stacchiamo dagli abbracci protettivi di ciò che ci dà sicurezza restiamo fermi, non cresciamo e gli abbracci diventano catene che ci rendono schiavi passivi di un sistema che non abbiamo scelto.

Come terapeuta posso dire che questo sistema non è solo qualcosa di esterno da cui è necessario prendere le distanze, ma è contemporaneamente qualcosa che ha a che fare con il nostro interno, cioè il nostro modo di pensare, di agire, di funzionare, radicato in noi. Ecco perché per arrivare a essere liberi è necessario compiere il passo della consapevolezza: prendere coscienza di sé, per poter poi scegliere cosa scartare di ciò che abbiamo ereditato e cosa tenere, per poter dire no a ciò che è vecchio e non ci appartiene più e dire sì a qualche cosa di nuovo, che sia nostro.

Questo vuol dire per esempio accorgermi che ho sempre quello stesso modo di reagire a una determinata circostanza, tutte le volte che parte in automatico, vuol dire potermi dire: “Ah ecco da dove deriva” e infine poter decidere se tenerlo con me o lasciarlo andare perché ormai, mi accorgo anche io (oltre chi mi sta vicino), che è un disco rotto che non ho più voglia di sentir suonare. E così via, per i modi di pensare, le convinzioni che ci sono state inculcate, le reazioni che abbiamo appreso e ripetiamo nel tempo e che ci portano sofferenza.

È un percorso lungo, che non è mai dato una volta per tutte, perché è facile liberarci da un abbraccio che ci imprigiona per cadere subito dentro un altro abbraccio che ci soffoca allo stesso modo se non più di quello precedente. Però un passo alla volta, perdendo e riprendendo il filo, ci porta dritti verso il nostro sé più autentico.

Come terapeuta lo vedo tutti i giorni quanto è difficile nei miei pazienti, così come lo osservo in me, perché lungo tutto il tragitto sono disseminati i dubbi e le paure. Tante persone arrivano in studio con l’idea di risolvere i propri problemi ma capita che subito dopo cambino idea, che tornino sui propri passi, per timore di non farcela, per paura dell’ignoto. Tante volte iniziano un percorso con tutti i buoni propositi ma non appena si accorgono di quanto può essere impegnativo, mollano e girano i tacchi. È necessario infatti una forte motivazione, dedizione e pazienza, e talvolta è necessario del tempo perché questa maturi, altre volte può non succedere mai.

LA CONDIZIONE ESSENZIALE PERCHE’ TALE LIBERAZIONE INTERIORE POSSA RIUSCIRE È CHE LA LIBERTA’ VENGA ATTRATTA DA QUALCOSA, UNA PASSIONE, UN’IDEA, UN’ESPERIENZA, UN INCONTRO, PIU’GRANDE DI LEI A CUI RIVOLGERE IL SUO SI’ IN MODO APPASSIONATO E TOTALE

(Vito Mancuso)

Quando questa attrazione diventa forte comincia una trasformazione radicale, verso la realizzazione di sé, verso il ben-essere. L’alternativa è una sopravvivenza.

LA TUA VIA INIZIA DALL’ALTRA PARTE.

DIVENTA IL CIELO.

PRENDI UNA SCURE CONTRO LE PARETI

DELLA PRIGIONE, FUGGI, ESCI CAMMINANDO

COME UN RINATO NEL COLORE.

FALLO ORA

(Rumi)

@giorgiafantinuoli

Riferimenti bibliografici:

  • T. Llàcer, Nietzsche. Il superuomo e la volontà di potenza, Ed. Hachette
  • V. Mancuso, Il coraggio di essere liberi, Garzanti
  • Krishnananda, Amana, Fiducia e sfiducia. Imparare dalle delusioni della vita, Feltrinelli

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